Scanno appare al viaggiatore come un labirinto da sogno di entrate ed uscite. Passi montani avvolti nella nebbiolina, minacciose porte cittadine, grandiosi portali, scalinate ripide, angolini discreti e stradine tutte curve tentano di proteggere e nascondere agli occhi del turista curioso il vero cuore di Scanno, perpetuandone i misteri. |
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Scanno è un eterno enigma. Le origini di questa piccola montagna sono sepolte nella leggenda, mentre i tenacissimi usi e costumi, così diversi da quelli delle altre città dell'Abruzzo, e il suo incomprensibile dialetto, fatto di influenze greche, latine e slave, hanno resistito alla pressione del tempo. La sua diversità è inspiegabile, così come lo è la purezza dei "sopravvissuti di Scanno". Severa, inviolabile, Scanno "si rilassa e si apre" solo durante una delle sue feste, o in un orgia dei suoi potenti liquori Centerba, quando gli uomini tornano a casa dopo i lunghi mesi di pastorizia invernale. |
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L'accesso a Scanno è laborioso. Il dedalo di entrate inizia in quello stravagante angolo di natura, nella parte bassa della regione, a nord verso Roma, chiamato Le Gole del Sagitario; un passaggio naturale attraverso una montagna di roccia che Gabriele D'Annunzio descrisse come "orribilmente bello". |
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La natura creò Le Gole del Saggitario aprendo una spaccatura nella montagna che, in alcuni punti, è meno di 15 metri di larghezza. In seguito, cento anni fa, l'uomo aprì una strada carrozzabile lungo la stessa spaccatura. La strada morde e si aggrappa ad ogni incavo e angolo di roccia come si attorciglia tortuosa su per il passo, verso il bacino di Scanno. Gli spazi aperti intorno alle vecchie cittadine di Cocullo e Anversa spariscono all'improvviso. La strada si restringe e inscurisce. Dalle profondità del canyon più sotto sale il ruggito furioso di acque correnti. Suoni e tormenti rimbalzano dalle spalliere rocciose che s'innalzano verso il cielo e eccheggiano attraverso le due gallerie tagliate attraverso i muri di roccia dove la natura ha lasciato pochissimo spazio per il passaggio dell'uomo. L'emergere dal mondo sotterraneo non è meno improvviso. Anche la Valle del Saggitario appare magica, con i suoi laghi tranquilli, i venticelli estivi o le cime innevate. |
Alla fine della valle, la silenziosa città di pietra che siede sulla cima di un gettito di roccia è maestosa e invitante. Eppure, anche lì sul crinale, entrate ancora più minacciose attendono il visitatore. |
I viaggiatori anticamente trovavano quattro grandi porte che permettevano l'accesso attraverso le mura circolari della scura città: Porta Santa Maria, vicino alla piazza principale, Porta Sant'Antonio, Porta Pagliaccio e, la sola attualmente rimasta, Porta della Croce. Al tramonto, quelle porte pesanti escludevano dalla città gli stranieri avvolgendo gli Scannesi in una rete protettiva. |
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Il processo di penetrazione continua all'interno della città. Il viaggiatore di oggi, come i viaggiatori antichi, trova i magnifici portali delle case di Scanno del XV e XVI secolo. |
Questi ingressi eleganti sono sormontati dai cimieri delle antiche famiglie ricche e da piccole finestrine attraverso le quali, occasionalmente, penetrano raggi di luce naturale nei tenebrosi cortili. Da dietro un muro discreto, alla fine di una viuzza, una scala esterna di pietra conduce a un portico formato da tavole di quercia e faggio e coperto di tegole rosse: l'anticamera esterna alla stanza principale della casa, la cucina, con il suo enorme focolare, griglie e appendini per pentole e stoviglie, ferri da stiro e piatti di terracotta. |
Grandi arcate fra le case di pietra formano tunnel inaspettati che conducono al precipizio sopra la valle o a passaggi scuri attraverso i quali viottoli di acciottolato salgono e scendono, congiungendo complessi livelli di terrazzamenti di pietra. Queste potenti arcate sono i contrafforti sui quali le case, da ogni lato del tunnel, si appoggiano, proiettando con la loro stabilità un'immagine di eternità. Larghe rampe interconnesse e stradine strette che serpentaggiano su e giù per la montagna, passano attraverso e sotto la roccia di Scanno. Il labirinto è complicato da entrate sommerse e bassi e stretti archi che fanno intravvedere la possibilità di misteriosi cortili interni o terrazze fiorite su un livello sotterraneo. |
La luce fiocca dei lampioni tremula sotto la pioggia o proietta ombre sulla neve. Figure ombrose alla Dostoevski girano intorno a fuochi danzanti e l'odore di caldarroste si diffonde fra gallerie nere. Il fumo e le esalazioni salgono dai comignoli dell'austera Scanno perfino ad agosto, permeando l'aria dell'odore di legna bruciata nei camini. |
Scanno e la sua popolazione sono circondate e, ancora, protette dalle montagne (alte 2000 metri) della catena degli Appennini Centrali nella regione dell'Abruzzo. |
La verde-argentata Montagna Grande, a ovest, riflette il sole che nasce sull'arido e grigio Monte Genzana a est. I picchi tortuosi e le masse di roccia emanano una tono grigio sporco che conferisce al territorio una dignità maestosa che richiama il grigio ardesia di Parigi. La piccola città di pietra regna sopra un lago blu cristallino e una valle da incanto. Queste sono terre dai duri inverni e dalle estati fresche, acque deliziose e aria pura. Questa Scanno impassibile che emerse dai miti antichi è rimasta immutata sulla sua cresta di 1000 metri di altezza; incuriosisce i visitatori, inganna gli studiosi e stimola gli artisti. |
Scanno, o Scannum, Scamnum, Scageum o Betifulo come è stata chiamata, è stata là da sempre. Autonomia e tradizione sono il suo motto. La sua unicità risiede nella sua immutata diversità. La città di oggi appare come l'espressione di un carattere che ha maturato nel corso del tempo in uno scenario dove i secoli sembrano un giorno. La popolazione di Scanno, amante delle tradizioni, è nata nella sua solitudine e unità. Una popolazione modellata in tal modo non riesce a vedersi diversamente. Quella gente unica è ancora originale e affascinante. |
"La fiaccola sotto il moggio" un romanzo di D'Annunzio del 1909, ambientato nella valle del Saggitario, scatenò delle ricerche accademiche sull'area e contribuì alla nascita del turismo. Tuttavia, gli studi su Scanno abbondano da molto tempo prima. |
La menzione di Plinio il Vecchio di una "macua Scamnos" nel Mar Rosso, nella sua "Historia Mundi", generò il mistero delle origini medio-orientali di Scanno. |
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La "Cronica Cassinese" del 1067 esordisce: "Venit ad Scannum!" Diverse fonti del XVIII e XIX secolo parlano di una quasi mitologica Scanno. I documenti originali negli archivi cittadini risalgono al 1548, mentre la libreria comunale conserva libri di valore sulla storia di Scanno. |
Nonostante la vasta documentazione, la diversità di Scanno resiste alle spiegazioni. Nomadi dal vicino est? Chi sa come e perché si stabilirono fra le montagne dell'Abruzzo? Un documento cita i copricapo a turbante delle donne di Scanno, il loro modo di coprirsi il viso, la fisionomia dell'est, le parole orientali del loro dialetto, la reclusione di sette giorni di marito e moglie dopo il matrimonio, le vedove che portano il lutto per il resto della vita e le donne sedute a gambe incrociate per terra. Abitudini strane e durature per una piccola città nel mezzo delle montagne abruzzesi e per una gente le cui origini sono perse nel tempo. |
Né i regnanti normanni né i Borboni che controllavano la regione poterono penetrare nelle lontane montagne abruzzesi nel modo in cui i re francesi, inglesi e austriaci riuscirono a fare nelle loro terre. I re influenzarono solo marginalmente la società rurale negli Appennini dove i feudatari, signori del luogo, dominavano. Il tempo si fermò nella vecchia Scanno. Mentre i longobardi, i normanni e i borbonici infuriavano attraverso la storia e mentre i Guelfi e i Ghibellini combattevano per il possedimento di città che si espandevano, i pastori di Scanno, ben sistemati nelle loro montagne, si muovevano in armonia con il cambiamento delle stagioni e preservavano il loro stile di vita. Lontani dalle guerre e dalla nascita dei nuovi stati, i pastori, e la classe artigiana che li serviva, si mantenevano occupati nell'arricchirsi e nell'abbellire la loro cittadina medievale, barocca. I loro usi, i costumi e la lingua rimasero intatti, immuni dai cambiamenti del mondo oltre le montagne. Così, gli scannesi diventarono molto ricchi, in una terra molto povera. |
La fiorente Scanno era diversa anche nella sua testarda autonomia. Sotto il giogo feudale durato secoli, ritenne i suoi privilegi (quali negoziare i diritti per le sue pecore). La storia di Scanno è fatta di difesa del territorio, pecore e tradizioni. Un po' di tempo fa, "l'assemblea del popolo" di Scanno che dibatte sulle questioni cittadine importanti, si rivoltò oltraggiata contro il Presidente d'Italia per il tentativo di estendere il parco Nazionale di Abruzzo oltre la Montagna Grande, incrociando così le loro sacre terre: "giù le mani dalle nostre montagne" chiesero. |
Fino a questo secolo Scanno è rimasta sommersa nell'oscurità, nascosta dall'ombra della Montagna Grande. Senza legami con il mondo esterno. Sconosciuta anche in Italia, Scanno sapeva comunque di essere unica; tuttavia non sapeva come pubblicizzarsi. Nessuno vi andava. Era difficile da raggiungere anche per chi voleva andarci. Il viaggio attraverso le montagne, dalla vecchia capitale della provincia normanna, Sulmona, era rischioso. Non era una passeggiata piacevole quella lungo le Gole del Sagitario, dove i banditi aspettavano nascosti. Era facile morire con la gola tagliata in fondo alla rupe. Il turismo era una professione, non una vacanza. |
L'umorista e pittore inglese, Edward Lear in qualche modo riuscì ad arrivarci e fece numerose incisioni di Scanno; nel 1875 scrisse il suo "Voyage through the three Abruzzi" nel quale lodava le donne di Scanno come le più belle del centro Italia. |
Allo stesso modo, Anthony Rhodes nel suo "A Sabine journey" descrise la valle del Sagittario e Scanno come la "patria delle donne belle". Il pittore romano Camillo Innocenti lavorava lì; il suo quadro "In piazza di Scanno" è in mostra alla Galleria Nazionale d'Arte a Roma. |
La giunzione ferroviaria da Roma ad Anversa completata nel 1887 punta verso Scanno. La strada carrozzabile da Anversa su per la valle apriva allora le porte della città nascosta. I viaggiatori intrepidi cominciarono a scoprire il lago Scanno e la città soprastante, il clima salutare, (Scanno ha recentemente celebrato il centesimo compleanno di tre cittadini), le case e i portali rinascimentali e barocchi, i costumi unici e le abitudini strane, l'artigianato per l'oro e l'argento, le federe ricamate e i pizzi. Questi viaggiatori denominarono Scanno "la Svizzera degli Appennini". |
Quando il re Vittorio Emanuele III visitò Scanno in incognito nel 1909, passeggiando lungo le rive del lago e scambiando occhiate con le ragazze carine, creò una nuova modo per una certa Italia. "Scoprite l'Abruzzo!" fu lo slogan. Anche se quella fu solo una moda élitaria e di breve durata, tutta l'Italia che contava visitò Scanno quell'anno. Scanno era di moda. I giornalisti accompagnarono una delegazione parlamentare in Abruzzo, un viaggio riportato sul Corriere della Sera da Giulio Segenti: "Ogni altra impressione è cancellata dalle indimenticabili visioni che riceviamo, come quella della strada che si arrampica fra le montagne verso Scanno, la misteriosa cittadina dell'Abruzzo." |
Quei primi visitatori salutarono "la nuova Svizzera" dell'Italia. Non c'era bisogno che gli italiani facessero una lungo viaggio a nord quando era lì a portata di mano. Un motto di quel periodo diceva "tutte le strade portano a Scanno". Un album nella biblioteca comunale conserva le firme degli illustri cittadini che nel 1909 firmarono il registro nel primo hotel di Scanno. |
26 Maggio 2025
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